In The Box 05/11/2019 - 19:35

Florenzi non è un caso

LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Non è automatico di questi tempi essere profeti in patria. Per colpa di un dito fratturato che ha messo fuori causa Lorenzo Pellegrini. E per gli eventi e il rendimento che hanno tolto, per ora, il campo ad Alessandro Florenzi. La Roma che ottiene tre vittorie di fila in campionato, che sale al terzo posto in classifica, cosa mai vista nell’ultimo anno e mezzo, non ha nulla di indigeno. Il ko di Pellegrini ha fatto sacramentare, le esclusioni di Florenzi fanno discutere. Poi però quando subentra la logica, le discussioni si annacquano.

Seguiamo il filo. Eccezion fatta per la stagione di Zeman, che lo schierava in mediana, e quelle di Garcia, che lo vedeva in attacco, Florenzi ha sempre giocato terzino. Con Spalletti, Di Francesco, Ranieri e Fonseca. Ha sempre giocato terzino in una Roma che in quel ruolo però prevedeva altri interpreti. Bruno Peres, per esempio, pagato oltre tredici milioni di euro. O Karsdorp, acquistato per quindici milioni. Poi Santon e, dalla scorsa estate, Zappacosta e Spinazzola. Per varie vicissitudini altrui, Florenzi, duttile come pochi, non si è mai tirato indietro, in nome della ragion di stato e della sua carriera, che pure in Nazionale lo ha portato in giro per il campo, facendolo stanziare molto spesso in basso a destra. Florenzi tuttofare, più terzino che altro. Da sempre punto fermo su cui contare col mare in burrasca. Fino a poco tempo fa, perché le ultime settimane hanno scritto un nuovo capitolo. Introdotto da Fonseca che recentemente ha risposto a domande su di lui. Con una calma olimpica che ha indotto l'allenatore a scelte logiche: il calciatore non sta attraversando un momento di forma brillante, anche a causa di un virus influenzale che lo ha recentemente mandato al tappeto; in rosa ci sono Spinazzola e Santon, terzini di ruolo, che stanno meglio di lui; quindi Florenzi finisce in panchina, e semmai dovesse servire in corsa verrebbe, per ora, utilizzato nelle rotazioni in attacco, dove ha giocato l’ultima partita da titolare, a Genova contro la Sampdoria. Non fa una piega.

Fonseca a Roma in settanta giorni ha incontrato più ostacoli di tecnici che sono stati in panchina almeno per due stagioni. Scetticismo, infortuni, errori arbitrali, tutti affrontati con estrema lucidità. Non è semplice tirare fuori dall'undici titolare l’unico romano di una squadra che ha sempre fatto del senso di appartenenza un valido motivo di vanto. Florenzi non ha mai messo tutti d’accordo nei giudizi, anzi. Ma nell’emergenza è sempre stato presente. Ora non lo è. Per scelta di Fonseca, bravo a declassare la sua esclusione da ipotetico caso a mossa funzionale al bene comune. Il portoghese è il primo a sapere che Florenzi tornerà utile, in difesa o sulle fasce d’attacco. Ma deve badare al sodo. Perentorio nell’affermare che Kolarov e Dzeko siano insostituibili, disarmante per quanto è diretto e convincente nello spiegare a parole e poi coi fatti le esclusioni che in altri tempi avrebbero dato fiato a polemiche e discussioni che oggi sembrano ricordi che sanno di stantio.

In the box - @augustociardi