Prevenzione e recupero infortuni, Rapetti: "Il lavoro individualizzato è la chiave". Martinelli: "Fondamentale la fiducia dei giocatori"
TUTTOSTEOPATIA.IT - Parola ai tecnici: nel mondo dello sport in generale e nel calcio in particolare la componente della preparazione fisica, della prevenzione dell'infortunio e del trattamento di alcune problematiche risulta cruciale nell'ottenimento dei risultati da parte degli atletici. A tal proposito intervengono, per il portale specializzato, due professionisti della Roma: Walter Martinelli e Stefano Rapetti, rispettivamente osteopata e preparatore atletico del club giallorosso.
“L’osteopatia può influire positivamente sull’attività fisica in generale e sulla prestazione in particolare - spiega Walter Martinelli - tanto che alcuni studi condotti dall’Istituto Politecnico della Virginia e dal Virginia Tech negli USA da Gunnar Brolinson e coll., hanno rilevato miglioramenti nelle performance in molti giocatori indipendentemente dal loro ruolo. Questo perché intervenendo sull’apparato circolatorio, respiratorio, articolare, neurologico, muscolare, senza trascurare le relazioni somato–viscerali, si migliorano le prestazioni ed il recupero dopo uno sforzo o dopo un infortunio riportando il corpo, laddove necessario, in una condizione di omeostasi, oltre a migliorare la funzione articolare ed il rom”.
Il ruolo dell’osteopatia in ambito sportivo è dunque sempre più apprezzabile non solo nel recupero infortuni ma anche in fase preventiva e nella preparazione atletica “perché – chiarisce l’osteopata Martinelli – un calciatore, come ogni atleta, ha bisogno di sentirsi forte, stabile, reattivo e di avvertire meno la percezione di potersi infortunare”.
"Vanno considerati i lavori di gruppo, le partite giocate e la loro frequenza, il minutaggio del giocatore, l’età ed il ruolo del calciatore in questione, gli infortuni pregressi, il bilanciamento, le asimmetrie dell’atleta e così via. Solo facendo così il calciatore capirà l’importanza di questi lavori e si potrà a sua volta relazionare con tutte le figure riguardo l’obiettivo prefisso".
Ritorna dunque centrale l’interdisciplinarietà nel team sportivo a favore di una buona resa atletica in quanto – chiosa Martinelli – "un organismo in cui l’apporto vascolare, l’ossigenazione e la funzionalità neurologica sono al 100 per cento sarà capace di offrire prestazioni motorie molto più elevate rispetto ad un altro che non è in quella condizione, abbassando così le possibilità di infortunio e diminuendo i tempi di recupero".
Quale ruolo svolge l’osteopatia in sinergia con la fisioterapia e la preparazione atletica nel calcio d’élite?
"Da fisioterapista ed osteopata penso sia troppo facile e sbagliato dire ad un preparatore, bisogna ridurre i carichi di lavoro per una problematica o un dolore (spesso di lunga durata), perché così il giocatore si decondizionerà ancora di più, peggiorerà la sua componente psicologica e lo metterà maggiormente a rischio di infortunio. Il nostro ruolo, soprattutto ad alti livelli e nei limiti del possibile, deve essere quello di aiutare il preparatore atletico con un giocatore non in ottime condizioni, a realizzare il programma di lavoro nella percentuale più alta possibile, allora quello sarà un successo di squadra e non singolo"
"Anche la tecnica deve essere allenata, esercitata e migliorata precocemente – spiega Walter – spesso arrivano giocatori in prima squadra che si trovano subito nel ‘frullatore’ della Serie A e non hanno tempo di mettersi in linea con gli altri compensando il gap. A volte si perde tempo ad imparare la tecnica e questa non si apprende in un giorno, spesso ci vogliono mesi se non anni. In una squadra di calcio di serie A, d’élite, le richieste da soddisfare per il raggiungimento della massima prestazione sono molte e di diverso genere. Per questo gli staff delle squadre professionistiche negli anni sono saliti costantemente di numero ed hanno inserito al loro interno varie figure, specializzate in differenti settori, per seguire l’atleta a 360 gradi dentro e fuori dal terreno di gioco. Oltre al Mister ed allo staff tecnico, abbiamo diversi professionisti a prendersi cura dei Campioni, dai medici ai fisioterapisti, dall’osteopata al nutrizionista, dal podologo ai preparatori fisici, dallo psicologo al reparto ‘recupero infortunati’".
"Stessa cosa avviene per il reparto ‘recupero infortunati’ dove la situazione è ancora più complessa, ed il rischio di recidiva o infortunio in un’altra area può aumentare esponenzialmente.
Un altro passaggio da fare ogni giorno prima dell’allenamento (di solito se ne occupa il medico ed il responsabile dell’area performance) è con il Mister che è sempre al centro di tutto ed a cui spetta sempre l’ultima parola. L’allenatore deve sapere dopo il meeting quanti giocatori ha a disposizione, quanti sono a rischio, quanti dovranno fare un allenamento a parte, inoltre cosa possono fare e cosa no. Un aspetto non trascurabile in questo scenario resta quello di mantenere un rapporto di fiducia quanto più trasparente e stimolante possibile nei confronti del giocatore, sapendo capire bene anche i limiti da non superare in questo rapporto, saper valutare le situazioni per il bene della squadra".
"Tra le regole non scritte dello stare all’interno di uno staff di alto livello, vorrei sottolineare la puntualità degli orari, la presenza, la professionalità e l’educazione, l’attenzione a tutto quello che si fa, l’aggiornamento continuo, il rispetto dei ruoli, l’utilizzo appropriato della terminologia medica e di un linguaggio preciso ed uniformato".
È possibile prevenire o ridurre gli infortuni muscolari e da che età bisogna cominciare a lavorare con gli atleti per questo aspetto?
Questo è il grande interrogativo che fa dibattere tanti studiosi dello sport di tutto il mondo e che fa nascere nuove tecniche e teorie di allenamento ogni anno. Per riflettere su questo argomento ho intervistato alcuni professionisti con i quali ho collaborato durante la mia carriera e penso che questo possa essere un momento di riflessione oltre che di apprendimento per i lettori come lo è stato per me. Vi riporterò solo alcuni passaggi delle loro risposte in attesa del lavoro ultimo integrale a cui sto lavorando.
Di seguito invece l'intervento di Stefano Rapetti:
“Dobbiamo fare una distinzione tra forza volta al miglioramento della performance e tutte le attività di potenziamento e ripristino della funzionalità dei distretti muscolari che in passato sono stati colpiti da infortuni. Personalmente quando programmo una seduta di potenziamento con obiettivo performance tendo a prediligere mezzi di allenamento globali in cui venga valorizzata la coordinazione inter ed intra muscolare. Spesso la specificità della disciplina tende a far “impigrire” o non sviluppare in maniera equa alcuni distretti muscolari è per questo che la scelta dei mezzi di allenamento non ricade su esercitazioni analitiche. Quello che mi interessa è migliorare in controllo motorio aumentando i feedback nello sviluppo della catena cinetica. Per ottimizzare questo spesso utilizzo mezzi di allenamento in sui il sistema cinestetico viene stressato mediante instabilità, forze a cui contrapporsi esternamente, etc. Potenziare prevalentemente il comparto anteriore della coscia rispetto al posteriore concorrerebbe ad aumentare il divario tra il “motore/freno” già generato dalla disciplina. Se decidessi di dare più importanza alla propulsione creerei un fattore predisponete per l’infortunio muscolare della catena posteriore. Nella scelta dei mezzi di allenamento della forza tengo sempre in considerazione l’anamnesi patologica remota e recente de giocatore. Spesso i preparatori hanno un approccio rigido alla materia, se pensano che il mezzo migliore per stimolare gli arti inferiori sia il back squat utilizzano quel mezzo in maniera indiscriminata. Personalmente non farò mai fare ad un mio giocatore il back squat sapendo che nel suo storico ha sofferto di problematiche lombo sacrali di qualsiasi genere. Questo tipo di approccio, ripeto, vale per tutte le problematiche di tipo morfo-funzionali e quindi posso affermare in questo senso che facciamo un lavoro individualizzato che stringe la mano alla prevenzione.
"Per quanto riguarda l’attività di potenziamento/prevenzione, ritengo che sia una argomentazione da portare avanti per sanare gli squilibri muscolari legati ad un esito di trauma o generati da problematiche che possono essere le più svariate. Tutto questo deve essere inserito compatibilmente agli impegni della squadra e allo studio del carico di allenamento per non creare extra load che potrebbero a loro volta creare fattori predisponenti al trauma"